Dopo di noi

Una nuova via è possibile

Erano in molti ad attenderla, in particolare i tantissimi genitori di persone con disabilità che pensano, spesso con angoscia, a cosa accadrà quando loro non ci saranno più. Ed ora finalmente il “dopo di noi” è legge. O quasi. La normativa “volta favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia” è stata approvata dal Senato a fine maggio e il via libero della Camera dovrebbe arrivare entro poche settimane. La legge introduce diversi strumenti: dal trust (strumento che garantisce protezione legale tramite rapporto fiduciario tra chi lo possiede beni economici e chi li gestisce) ad una nuova regolamentazione delle polizze assicurative, delle imposte sulle donazioni e su altri tipi trasferimenti a causa di morte. La legge istituisce anche un fondo che finanzia, tra le altre cose, interventi innovativi per creare soluzioni di tipo familiare e di co-abitazione Abitare infatti, non è tanto e solo questione di muri, ma di progetti di vita e di relazioni legate alle biografie individuali. Riferimento principe della nuova legge è la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, e in particolare l’articolo 19 che sancisce l’impegno degli Stati affinché si dia anche a queste persone la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza, dove e con chi vivere e non le si obblighi ad adattarsi a particolari sistemazioni. Il riferimento alla Convenzione è tutt’altro che scontato e formale, come sottolinea Carlo Francescutti, coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, recentemente ospite a Trento del convegno sul tema “Disabilità e comunità” organizzato dalla coop sociale La Rete in collaborazione con Con.Solida, il Comune di Trento e altri enti. “Le ricerche epidemiologiche e sociali più recenti – afferma Francescutti – dimostrano che le persone con disabilità sono ancora fortemente discriminate, basti pensare che quelle problemi intellettivi hanno un’aspettativa di vita di 10 anni inferiore al resto della popolazione e un rischio 10 volte maggiore di subire abusi o violenze. Ancora oggi in quasi tutti i Paesi faticano a ricevere cure primarie di prevenzione adeguate. Circa il 25% di loro sviluppa problemi comportamentali, dato che sale al 70% nelle istituzioni tradizionali residenziali. La Carta dell’Onu è importante perché ricorda che le persone con disabilità hanno una legittima attesa di vedersi riconosciute come cittadini alla pari degli altri ed esorta a costruire le condizioni per una società più giusta”. Non è un caso che nel documento internazionale il termine riconoscimento sia il più ricorrente (ben 45 volte), dall’altro che la definizione di disabilità si riferisca ad una menomazione fisica, psichica o intellettiva che in interazione con le barriere genera una disuguaglianza. “Ancora più importante – secondo Francescutti – è che la Carta non si rivolge solo agli Stati, ma anche ai singoli cittadini: senza un cambiamento nella relazione tra le persone non ci sarà nessun progresso politico, istituzionale e sociale”. In questo contesto la legge sul “dopo di noi” rappresenta un fondamentale tassello di un processo di cambiamento che deve essere più ampio e culturale. In particolare secondo Francescutti occorre superare l’atteggiamento paternalistico ancora troppo diffuso nei servizi ma anche nelle famiglie delle persone con disabilità che cercano in tutti i modi di proteggere i figli disabili. Un atteggiamento – quello di cercare di risparmiare a persone già fragili, dolori, fatiche e il peso delle decisioni – che parrebbe normale e che invece secondo l’esperto produce grandi danni perché finisce per collocarle in un limbo senza via di uscita, in una vita non autentica. “Il prezzo da pagare per la persona disabile è altissimo: finisce in un “mondo a parte” in cui il suo parere non è richiesto e se non si adatta vuol dire che è lei a non funzionare e quindi bisogna incrementare il controllo e la costrizione. Gli esiti estremi di questo approccio sono un uso spropositato di psicofarmaci e il confinamento in strutture da cui emergono storie di contenzione o di affiancamento uno a uno. Naturalmente ci sono forme di paternalismo più leggere come la commiserazione venata da tratti solidaristici”. L’antidoto per Francescutti è proprio è la condizione di uguaglianza richiamata dalla Convenzione Onu che fa da sfondo alla nuova legge e intorno alla quale si stanno sviluppando progetti pilota ed esperienze di accompagnamento all’autonomia come quelli delle cooperative sociali aderenti al laboratorio di innovazione sul “dopo di noi” attivo da 2 anni all’interno del consorzio Con.Solida “I diritti – afferma però Maurizio Colleoni, responsabile scientifico della rete Immaginabili Risorse anche lui ospite al convegno della coop La Rete – si possono esercitare quando si creano le condizioni per renderli esigibili. Oggi si pensa alle persone con disabilità spesso come utenti passivi di servizi di welfare. Una conquista rispetto al passato quando erano considerate pericoli o misteri da escludere che però oggi è diventata un limite perché da un lato palesa l’idea che serva professionalità per gestire quella persona, dall’altro significa comprimerla, vederne solo un pezzo, costruire relazioni assoggettanti “. Per Colleoni i servizi oggi devono offrire supporto all’emancipazione, proporsi come scuole di vita per ridare alla comunità le persone disabili. Soprattutto devono essere luoghi che si pongono continuamente il tema della qualità della vita del loro territorio. Diventare sostenibili in forma di muta utilità coinvolgendo i diversi soggetti locali: famiglie, istituzioni e gli altri attori territoriali. “La fragilità – sottolinea l’esperto – fa parte della condizione umana anche se cercano di convincerci del contrario. In questo senso la disabilità che è un limite, ci fa vendere l’umano nella sua pienezza. Compito degli operatori è espandere la visione della normalità in modo da consentire a tutti di essere a proprio agio nella propria pelle. D’accordo anche Francescutti: “abbiamo un grande compito, intrecciare dei destini, costruire avamposti di umanità dove si evidenzi e si dia testimonianza della ricchezza dell’umano e opportunità di speranza per tanti. Se lo facciamo per le persone con disabilità intellettiva lo possiamo fare anche per altre situazioni di vulnerabilità che attraversano la nostra comunità. “.

Fonte Rivista Cooperazione tra Consumatori, luglio 2016 | di Silvia De Vogli